Premio “Beato Bernardino”
2018
all’Associazione ASSI
Non è facile poter scrivere le emozioni, perché di emozioni vere si tratta quando si vuole raccontare la storia dell’ASSI (Associazione Sociale Sportiva
Invalidi) e del suo presidente Oscar De Pellegrin. La storia della “nascita” dell’associazione può essere raccontata leggendo alcune pagine del libro autobiografico di Oscar, Ho fatto centro.
«[…] Eccomi qui a raccontare il mio incontro con il destino. 14 giugno 1984 lo spartiacque tra la mia prima vita e la seconda che mi è stata donata. Perché è così: sono nato due volte. Ero giovanissimo, ventuno anni, la morosa, le balere, le feste con gli amici, il cuore leggero di un ragazzo poco più che adolescente. E il lavoro nei campi, la passione per l’agricoltura mi scorreva nelle vene già da bambino. Esco di casa. È una splendida giornata i cui primi minuti sono scanditi dalla colazione e dalle chiacchere con mia madre. Tutto è come sempre. Salgo su di un piccolo trattore con il rimorchio… è l’ultimo giorno in quel bosco e il posto dove devo arrivare non è particolarmente impervio né pericoloso. Mi sento tranquillo. Ultimo giorno, ma anche ultimo carico di materiale. L’orologio indica mezzogiorno. Voglio solo concludere quella consegna il più rapidamente possibile. Carico il resto del legno sul rimorchio del trattore, salgo sul trattore, scendo in assoluta serenità il pendio, fino ad attraversare un piccolo avvallamento. Ho percorso più volte quel tratto sconnesso.
Una distrazione o il destino: impossibile dirlo. È un attimo. Un istante impercettibile. Non ho il tempo di pensare. In un baleno la limpida giornata di inizio estate assume i contorni di un temporale. Una fragorosa tempesta. Forse il carico del rimorchio è eccessivo per il trattore, il peso dietro alle mie spalle fa alzare la parte posteriore del mezzo sul quale ero seduto. E d’istinto mi butto verso valle.
Comincio a rotolare su me stesso. Non ho la percezione di nulla finisco sul piano d’erba che c’è appena sotto con le gambe piegate su me stesso… E poi lei: una grande macchia nera. È il trattore che piomba su di me. Sento le mie ossa che si frantumano. A una a una. Un’esplosione dietro la schiena, un boato sordo e brutale dentro di me. Una pressione fortissima arriva fino alla testa. Sto per scoppiare. Poi buio solo buio!
Arrivo in ospedale a Belluno. Ancora non lo sapevo ma un polmone aveva subito un grosso danno. Ero in pericolo, in pericolo di vita. Vengo trasferito al Centro Spinale di Vicenza. A Belluno circolano voci sul mio conto: morto, vivo, in coma. Dopo giorni in rianimazione, complicanze di ogni tipo, il quadro clinico era ancora preoccupante, infezioni varie, febbri persistenti ma nulla in confronto a ciò che mi aspettava: la lettura del freddo referto medico. «De Pellegrin lei non potrà proseguire i lavori agricoli - sono parole del dottore - La fuoriuscita della vertebra è stata totale. Anche se l’intervento di stabilizzazione della colonna è andato bene. Abbiamo fatto il possibile ma non potrà più camminare». In quel momento mi sento solo al mondo! Ho pensato che sarebbe stato meglio morire. Sì, meglio morto che su di una carrozzina.
Parliamo dell’inizio degli anni ottanta. A quel tempo la mentalità rispetto alla disabilità era ancora chiusa. E sedia a rotelle significava fine o prigione. Tempi in cui non esistevano molte associazioni o ausili.
Le giornate a casa erano drammaticamente lunghe. Il tempo si dilatava. Trascorrevo i pomeriggi a letto: un po’ perché star seduto mi fiaccava e un po’ lo ammetto per pigrizia. Proprio in uno di quei pomeriggi di pigrizia in cui sonnecchiavo, il suono di un campanello mi ricongiunse alla realtà. Dalla porta entrò un uomo mai visto prima. Camminava con le stampelle e i tutori alle gambe.
Appeno entrato in camera con voce laconica e impietosa mi rimproverò: Cosa fai a letto? Sono le tre del pomeriggio alzati e fa qualcosa di utile. Quell’uomo era Renzo Colle, aveva partecipato alle paralimpiadi di Tel Aviv nel 1968.
Era rimasto per anni a Roma, e una volta tornato a Belluno assieme a Stefano Mattei aveva fondato l’ASI, associazione finalizzata a promuovere lo sport paralimpico. Ancora non lo sapevo, ma da quel momento scattò una molla».
Finiscono qui le parole di Oscar, ma in realtà è proprio in questo momento, in questo brusco risveglio alla realtà, che sono state poste le basi dell’Associazione Sociale Sportiva Invalidi. Esattamente 25 anni prima della sua costituzione è stato piantato un seme, il seme di quella incredibile pianta che oggi chiamiamo ASSI.
Un’associazione che rappresenta ormai da molti anni un punto di riferimento per le persone con disabilità e non solo. È importante parlare di persona con disabilità, dimenticando o meglio bandendo dal nostro vocabolario definizioni come handicappato o francamente ipocrite come diversamente abile. C’è differenza fra dire “disabile” e “persona con disabilità”? Sì, c’è una grossa differenza, perché nel primo caso si identifica la persona con la sua disabilità, nel secondo si mette l’attenzione sulla persona a prescindere dalla sua disabilità.
È sulle fondamenta di uguaglianza e parità sociale che nel 2009 nasce l’ASSI, grazie all’esperienza dell’ASI (Associazione Sportiva Invalidi), integrando quell’aspetto sociale che nel tempo è diventato dominante nel panorama delle attività e iniziative dell’associazione. Fin dalla sua costituzione l’ASSI ha stretto importanti legami che le hanno permesso di crescere nel tempo. Fondamentale è stato il sostegno del Comitato d’Intesa tra le Associazioni Volontaristiche della provincia di Belluno e del Comitato Baita Pian dei Castaldi che fin dall’inizio ha creduto nelle finalità dell’associazione. Nei primi anni ha usufruito di spazi esterni, in particolare nella palestra di Cavarzano ove svolgeva l’attività motoria e in quella di Ponte nelle Alpi ove svolgeva la rieducazione motoria e funzionale, mentre nella Casa del Volontariato si trovava e si trova tutt’ora la sede legale dell’ASSI.
L’anno della svolta è stato il 2013 quando, con il supporto di alcuni soci, l’attività riabilitativa è stata estesa al Cadore presso l’RSA di Pieve di Cadore. Sempre nel 2013 prende vita la possibilità di avere finalmente una sede operativa propria, grazie ai contatti con il Comune di Sedico, che propone di entrare a far parte del progetto di ristrutturazione dell’ex bocciodromo. Nello stesso periodo l’ASSI diviene beneficiaria di un importante lascito testamentario che permette di avere le risorse necessarie per i lavori di ristrutturazione e adeguamento della sede di Sedico.
Fin dai primi anni l’ASSI partecipa a importanti manifestazioni su tutto il territorio provinciale come la 24 ore di San Martino, la Vascalonga e il progetto Integralmente Sport e Cultura. È da sempre presente ai tavoli della disabilità, in particolare nei Piani di Zona. Ogni anno vengono organizzate varie iniziative, tra cui gare di pesca e di bocce, che oggi sono un punto fermo nelle attività di socializzazione e promozione dello sport. La continua evoluzione e crescita di questa realtà ha portato, nel 2016, alla costituzione dell’A.S.D. Sport ASSI, ovvero la branca sportiva dell’ASSI, affiliata al Comitato Italiano Paralimpico.
A nove anni dalla sua nascita l’ASSI Onlus conta in media 170 soci ogni anno, la cui maggioranza sono persone con disabilità, opera grazie alla disponibilità di oltre 30 soci volontari e raggiunge con le proprie attività e i propri servizi persone con disabilità in tutta la provincia di Belluno.
Concludendo, gli obiettivi dell’ASSI sono mettere insieme le esperienze, le sensibilità, le conoscenze per puntare a realizzare le migliori condizioni per favorire il percorso della persona disabile verso l’autosufficienza e motivarla a riprendere una vita sociale attiva. Presidente di questa associazione è il campione olimpico di tiro con l’arco Oscar de Pellegrin, ma assieme a lui ci sono persone speciali come Aldo Andriolo, Loris Pauletti, Davide Giozet e ancora tanti altri. Tutti spinti da quel sentimento di solidarietà e desiderio di essere d’aiuto che fa dell’ASSI una casa ove trovare risposta a qualsiasi domanda, una casa ove coagulare e coordinare energie e propositività; contrastare la discriminazione e la marginalità sociale; abbattere le barriere mentali, sociali e culturali per realizzare una società inclusiva dove ognuno possa esprimere le proprie potenzialità e raggiungere una maggiore autonomia, tutto questo è l’ASSI.
Massimo Ballotta
«[…] Eccomi qui a raccontare il mio incontro con il destino. 14 giugno 1984 lo spartiacque tra la mia prima vita e la seconda che mi è stata donata. Perché è così: sono nato due volte. Ero giovanissimo, ventuno anni, la morosa, le balere, le feste con gli amici, il cuore leggero di un ragazzo poco più che adolescente. E il lavoro nei campi, la passione per l’agricoltura mi scorreva nelle vene già da bambino. Esco di casa. È una splendida giornata i cui primi minuti sono scanditi dalla colazione e dalle chiacchere con mia madre. Tutto è come sempre. Salgo su di un piccolo trattore con il rimorchio… è l’ultimo giorno in quel bosco e il posto dove devo arrivare non è particolarmente impervio né pericoloso. Mi sento tranquillo. Ultimo giorno, ma anche ultimo carico di materiale. L’orologio indica mezzogiorno. Voglio solo concludere quella consegna il più rapidamente possibile. Carico il resto del legno sul rimorchio del trattore, salgo sul trattore, scendo in assoluta serenità il pendio, fino ad attraversare un piccolo avvallamento. Ho percorso più volte quel tratto sconnesso.
Una distrazione o il destino: impossibile dirlo. È un attimo. Un istante impercettibile. Non ho il tempo di pensare. In un baleno la limpida giornata di inizio estate assume i contorni di un temporale. Una fragorosa tempesta. Forse il carico del rimorchio è eccessivo per il trattore, il peso dietro alle mie spalle fa alzare la parte posteriore del mezzo sul quale ero seduto. E d’istinto mi butto verso valle.
Comincio a rotolare su me stesso. Non ho la percezione di nulla finisco sul piano d’erba che c’è appena sotto con le gambe piegate su me stesso… E poi lei: una grande macchia nera. È il trattore che piomba su di me. Sento le mie ossa che si frantumano. A una a una. Un’esplosione dietro la schiena, un boato sordo e brutale dentro di me. Una pressione fortissima arriva fino alla testa. Sto per scoppiare. Poi buio solo buio!
Arrivo in ospedale a Belluno. Ancora non lo sapevo ma un polmone aveva subito un grosso danno. Ero in pericolo, in pericolo di vita. Vengo trasferito al Centro Spinale di Vicenza. A Belluno circolano voci sul mio conto: morto, vivo, in coma. Dopo giorni in rianimazione, complicanze di ogni tipo, il quadro clinico era ancora preoccupante, infezioni varie, febbri persistenti ma nulla in confronto a ciò che mi aspettava: la lettura del freddo referto medico. «De Pellegrin lei non potrà proseguire i lavori agricoli - sono parole del dottore - La fuoriuscita della vertebra è stata totale. Anche se l’intervento di stabilizzazione della colonna è andato bene. Abbiamo fatto il possibile ma non potrà più camminare». In quel momento mi sento solo al mondo! Ho pensato che sarebbe stato meglio morire. Sì, meglio morto che su di una carrozzina.
Parliamo dell’inizio degli anni ottanta. A quel tempo la mentalità rispetto alla disabilità era ancora chiusa. E sedia a rotelle significava fine o prigione. Tempi in cui non esistevano molte associazioni o ausili.
Le giornate a casa erano drammaticamente lunghe. Il tempo si dilatava. Trascorrevo i pomeriggi a letto: un po’ perché star seduto mi fiaccava e un po’ lo ammetto per pigrizia. Proprio in uno di quei pomeriggi di pigrizia in cui sonnecchiavo, il suono di un campanello mi ricongiunse alla realtà. Dalla porta entrò un uomo mai visto prima. Camminava con le stampelle e i tutori alle gambe.
Appeno entrato in camera con voce laconica e impietosa mi rimproverò: Cosa fai a letto? Sono le tre del pomeriggio alzati e fa qualcosa di utile. Quell’uomo era Renzo Colle, aveva partecipato alle paralimpiadi di Tel Aviv nel 1968.
Era rimasto per anni a Roma, e una volta tornato a Belluno assieme a Stefano Mattei aveva fondato l’ASI, associazione finalizzata a promuovere lo sport paralimpico. Ancora non lo sapevo, ma da quel momento scattò una molla».
Finiscono qui le parole di Oscar, ma in realtà è proprio in questo momento, in questo brusco risveglio alla realtà, che sono state poste le basi dell’Associazione Sociale Sportiva Invalidi. Esattamente 25 anni prima della sua costituzione è stato piantato un seme, il seme di quella incredibile pianta che oggi chiamiamo ASSI.
Un’associazione che rappresenta ormai da molti anni un punto di riferimento per le persone con disabilità e non solo. È importante parlare di persona con disabilità, dimenticando o meglio bandendo dal nostro vocabolario definizioni come handicappato o francamente ipocrite come diversamente abile. C’è differenza fra dire “disabile” e “persona con disabilità”? Sì, c’è una grossa differenza, perché nel primo caso si identifica la persona con la sua disabilità, nel secondo si mette l’attenzione sulla persona a prescindere dalla sua disabilità.
È sulle fondamenta di uguaglianza e parità sociale che nel 2009 nasce l’ASSI, grazie all’esperienza dell’ASI (Associazione Sportiva Invalidi), integrando quell’aspetto sociale che nel tempo è diventato dominante nel panorama delle attività e iniziative dell’associazione. Fin dalla sua costituzione l’ASSI ha stretto importanti legami che le hanno permesso di crescere nel tempo. Fondamentale è stato il sostegno del Comitato d’Intesa tra le Associazioni Volontaristiche della provincia di Belluno e del Comitato Baita Pian dei Castaldi che fin dall’inizio ha creduto nelle finalità dell’associazione. Nei primi anni ha usufruito di spazi esterni, in particolare nella palestra di Cavarzano ove svolgeva l’attività motoria e in quella di Ponte nelle Alpi ove svolgeva la rieducazione motoria e funzionale, mentre nella Casa del Volontariato si trovava e si trova tutt’ora la sede legale dell’ASSI.
L’anno della svolta è stato il 2013 quando, con il supporto di alcuni soci, l’attività riabilitativa è stata estesa al Cadore presso l’RSA di Pieve di Cadore. Sempre nel 2013 prende vita la possibilità di avere finalmente una sede operativa propria, grazie ai contatti con il Comune di Sedico, che propone di entrare a far parte del progetto di ristrutturazione dell’ex bocciodromo. Nello stesso periodo l’ASSI diviene beneficiaria di un importante lascito testamentario che permette di avere le risorse necessarie per i lavori di ristrutturazione e adeguamento della sede di Sedico.
Fin dai primi anni l’ASSI partecipa a importanti manifestazioni su tutto il territorio provinciale come la 24 ore di San Martino, la Vascalonga e il progetto Integralmente Sport e Cultura. È da sempre presente ai tavoli della disabilità, in particolare nei Piani di Zona. Ogni anno vengono organizzate varie iniziative, tra cui gare di pesca e di bocce, che oggi sono un punto fermo nelle attività di socializzazione e promozione dello sport. La continua evoluzione e crescita di questa realtà ha portato, nel 2016, alla costituzione dell’A.S.D. Sport ASSI, ovvero la branca sportiva dell’ASSI, affiliata al Comitato Italiano Paralimpico.
A nove anni dalla sua nascita l’ASSI Onlus conta in media 170 soci ogni anno, la cui maggioranza sono persone con disabilità, opera grazie alla disponibilità di oltre 30 soci volontari e raggiunge con le proprie attività e i propri servizi persone con disabilità in tutta la provincia di Belluno.
Concludendo, gli obiettivi dell’ASSI sono mettere insieme le esperienze, le sensibilità, le conoscenze per puntare a realizzare le migliori condizioni per favorire il percorso della persona disabile verso l’autosufficienza e motivarla a riprendere una vita sociale attiva. Presidente di questa associazione è il campione olimpico di tiro con l’arco Oscar de Pellegrin, ma assieme a lui ci sono persone speciali come Aldo Andriolo, Loris Pauletti, Davide Giozet e ancora tanti altri. Tutti spinti da quel sentimento di solidarietà e desiderio di essere d’aiuto che fa dell’ASSI una casa ove trovare risposta a qualsiasi domanda, una casa ove coagulare e coordinare energie e propositività; contrastare la discriminazione e la marginalità sociale; abbattere le barriere mentali, sociali e culturali per realizzare una società inclusiva dove ognuno possa esprimere le proprie potenzialità e raggiungere una maggiore autonomia, tutto questo è l’ASSI.
Massimo Ballotta