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Premio “Santi Martiri Vittore e Corona”

2018
a Paolo Conte


Permettetemi, prima di dar conto del lungo e sostanzioso percorso dell’amico Paolo Conte, che oggi viene gratificato, meritatamente, del Premio santi Vittore e Corona, di rivolgergli un caloroso augurio di continuare per tantissimi anni ancora e di tenere sempre una curatela aperta nella màdia della scrivania.
Conscio che, come direbbe un comune amico lamonese, con lui le parole vanno “pelate” con garbo e attenzione, consentitimi da subito di riassumere in poche parole i lineamenti di fondo della persona: un uomo sobrio, rigoroso e onesto; un intellettuale, nel senso vero della parola, cólto e mai di parte pur sapendo bene la sua parte. Un uomo di stile.
Un carattere evidenziabile anche nelle minute cose: nel gesto quotidiano, nell’approccio amicale, nell’attenzione all’uso della parola, nella cura della persona e della forma che nella grafica della scrittura, per chi ha avuto modo di osservarla, ne fa sia modus operandi che sostanza.
Un uomo, prima ancora che uno studioso, curioso e attento, attento dentro la sua e l’altrui storia, legato strettamente al territorio che lo ha cresciuto ma sempre in relazione con la trama del mondo indipendentemente dall’ambito a cui in quel momento si rivolge.
Uno studioso che pur dedicandosi con attenzione e profonda umanità alla storia locale, alla storia dell’emigrazione, alle voci del tempo, al racconto quotidiano, ha saputo volgere il suo sguardo con sensibilità da tutti riconosciutagli alla letteratura, alla storia, all’arte e con particolare attenzione alle forme in cui esse si raccontano.
Ma nel contempo non dimenticando il suo costante, sensibile e fattivo apporto di marito, padre e nonno.
Per venire poi alla necessaria biografia e alla seguente ricognizione della lunga e multiforme attività si fa doveroso partire dai natali in quel di Lamon nell’anno 1947. A Lamon frequentò le scuole elementari, la scuola di avviamento e l’istituto professionale per diplomarsi poi all’ITIS Segato di Belluno.
Non usuale poi che si iscriva inizialmente a Lingue e Letterature Straniere per passare poi a Materie Letterarie, in quel di Padova, se non tenendo conto di un’etica del dovere che si inscriveva nel tempo: prima la sicurezza di uno studio funzionale al lavoro poi la cura delle passioni.
Laureatosi in Materie Letterarie nel 1972, con un lavoro significativo su una “figura di confine” come Scipio Slataper, con il massimo dei voti, consegue altresì un diploma di perfezionamento in storia dell’arte presso l’Università di Urbino con una tesi su Pietro Marchioretto a cui dedicherà nel tempo un significativo studio a completamento.
Ottenuta, nel frattempo, l’abilitazione all’insegnamento e un incarico triennale, come esercitatore, all’università di Verona, si impegna attivamente come consigliere comunale a Lamon e in Comunità Montana Feltrina.
Diventato membro, a metà degli Ottanta, del direttivo della rivista «Archivio Storico di Belluno Feltre e Cadore», che sarà da qui in poi una sorta di seconda casa, si fa partecipe della vita di alcune associazioni, trovando altresì il tempo di collaborare con vari periodici e settimanali.
Nelle disponibilità diventa anche il primo direttore dell’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali della Diocesi di Belluno e Feltre, socio corrispondente della Deputazione di Storia patria per le Venezie, membro e consulente per alcune commissioni culturali.
Membro della Commissione per la realizzazione del Museo Diocesano, curatore, in compagnia, della mostra su Placido Fabris, ideatore e curatore della Mostra su Jacopo Facen, coordinatore a quattro mani del comitato organizzatore del centenario dell’ITIS Segato, interviene con una breve relazione alle celebrazione per i 210 della prima unificazione della Provincia per diventare poi componente del Comitato scientifico per la storia della Provincia, per finire poi come coordinatore del gruppo di studiosi per la riedizione e il completamento in tre volumi della storia, a carattere didattico, della Provincia stessa. Nel frattempo, 2 giugno del 2003, viene nominato, dall’allora Presidente Ciampi, Cavaliere dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”. Entrato nel Consiglio Direttivo della Famiglia Feltrina, viene nel contempo nominato fra i componenti del Comitato Scientifico del Museo Diocesano di Arte sacra di Feltre mentre diventa anche socio accademico del Gruppo Italiano scrittori di montagna e membro del consiglio di gestione della Fondazione Teatri delle Dolomiti.
Dal 1998 al 2010 è stato membro del Consiglio generale della Fondazione della Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona, partecipando alle varie commissioni per essere poi cooptato prima come Presidente della Commissioni Assistenza Anziani, Educazione istruzione e formazione e poi, dal 2010 al 2016, come Membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Cariverona.
Nel settembre del 2014 viene nominato Cavaliere dell’ordine di San Silvestro Papa mentre, in riconoscimento del suo impegno “sociale e culturale svolto a favore del territorio feltrino e della Provincia di Belluno”, gli era già stato riconosciuto, su proposta del Rotary Club di Feltre, il “Paul Harris Fellow”, riconoscimento che ben rende conto di una attività e uno sguardo che abbraccia la dimensione sociale del suo operare, capace di cogliere le necessità di un territorio che si nutre sì d’arte ma altresì di assistenza, salute, e che accanto al restauro colloca le scuole, gli ospedali e le case di riposo da far funzionare.
Giornalista pubblicista dal 1987, scrive per diversi quotidiani e diventa collaboratore stabile dell’Amico del Popolo dal 1989 al 2002, è dal 1996 socio corrispondente della Deputazione di storia patria per le Venezie, di cui diventa socio effettivo nel 2011 e membro del Comitato direttivo per diventare poi direttore responsabile dell’«Archivio Veneto», il semestrale della Deputazione.
Ora, appunto, dire Paolo Conte senza dire scrittura sarebbe mutilare drasticamente l’opera, perché essa lo ha finora sempre accompagnato con una assiduità direi quasi quotidiana spaziando principalmente dalla pubblicistica alla bibliografia, dalla storia alla storia dell’arte, non disdegnando, anzi lavorandoci assiduamente, con curatele varie in proprio e a sostegno. Significativo qui tutto il suo lavoro all’accennata rivista «Archivio Storico di Belluno Feltre e Cadore» come direttore responsabile dal 1993 al 2002, facendone comunque parte come consulente scientifico dal 2003 al 2008 e riassumendone l’incarico di direttore dal 2008 ad oggi. Autore di circa 160 scritti tra volumi, saggi e articoli non possiamo qui a grandi linee non ricordarne almeno alcuni: dal già citato lavoro sulla figura di Scipio Slataper e altre figure di confine, all’intervista a Miguel Asturias, premio Nobel per la letteratura; ai diversi interventi in cui Lamon si fa traccia e storia di un interesse poliedrico per il territorio e di cui Lamon: profilo storico di una comunità di confine e Oltre Chiasso ne sono i due momenti più significanti; ai lavori sulle varie realtà museali, ai vari profili biografici (dagli storici Bazolle a Jacopo Facen fino ad arrivare a Don Giulio Gaio e Bartolomeo Zanenga per continuare con gli amici e collaboratori come Enrico de Nard, Claudio Comel, Giorgio Magioni, Gabriella Dalla Vestra); ai continui e diversi interventi su varie figure di artisti, da Giovanni Battista Lazzarini a Marco Ricci, da Ippolito Caffi a Panciera Besarel, da Fiorenzo Tomea alle varie note sulle arti sperse nel territorio, per finire con le corpose monografie su Placido Fabris e Pietro Marchioretto; e, non ultimo ma precipuo, il continuo interrogarsi e scrivere in merito all’intero territorio provinciale culminato, come già detto, nella curatela congiunta dei tre volumi di Belluno. Storia di una provincia dolomitica.
Ma se di lui, del suo operare e della scrittura abbiamo reso conto, da amico e sodale debbo altresì accennare al suo carattere amabile ma mai renitente capace, soprattutto, di fronte alle vere amicizie, di alzare il sopracciglio al fine di non sottrarsi al giudizio anche spigoloso. Altresì non posso non ricordare, per lunga frequentazione il suo essere un curioso e profondo lettore e, se come dice Simone Weil «Il dono della lettura è soprannaturale, e senza questo dono non c’è giustizia», credo faccia piacere accostare il detto ad una persona che del rigore morale ha innervato il suo stile.
Alessandro Dalla Gasperina